È TEMPO DI ACCESSIBILITÀ E PARTECIPAZIONE: CREARE INCLUSIONE



di Pasquale Arcudi

L’impegno inclusivo è volto a colmare le distanze, a ricercare spazi, proposte, esperienze che siano accessibili a tutti e che permettano a chi vi partecipa di portare il proprio contributo ed esprimere così le proprie competenze.

 

Questa è una tensione costante della scuola. Tra le innovazioni che stiamo promuovendo in questi ultimi anni tra le scuole associate alla Federazione ampio è il repertorio di intenzionalità, di pratiche e di idee al quale possiamo fare riferimento. E se da un lato questo tempo sollecita a ripensare esperienze che possono apparire ora meno praticabili, dall’altro stiamo maturando consapevolezza che “non dobbiamo inventarci nulla” e che può essere ancora una volta prezioso attingere a questo nostro patrimonio.



Proviamo dunque a vedere qui come le scuole stanno tesorizzando il loro bagaglio e come lo stanno rigenerando in un contesto così estraneo all’esperienza comune.

Tra coloro che stanno attraversando in questi giorni fatiche supplementari ci sono le famiglie dei bambini che più di altri sono sensibili a ciò che li circonda, che sono suscettibili al variare di dettagli apparentemente insignificanti, che avvertono con spaesamento i grandi cambiamenti che questo periodo porta alle abitudini quotidiane. Allora le routine saltano, i ritmi si scombussolano. Regolare anche i bisogni primari richiede grandi sforzi ai bambini e agli adulti che sono con loro.

Ecco, le scuole, le insegnanti, con il supporto dei coordinatori stanno cercando insieme i modi più efficaci per approssimarsi all’esperienza attuale di tutti, per riannodare una rete che è venuta improvvisamente a mancare in termini di presenza concreta attorno ai bambini e alle bambine.

Oggi che raggiungere i bambini vuol dire necessariamente ingaggiare anche le famiglie, ci accorgiamo ancora di più che la cura del contatto con i genitori di questi bambini è di per sé un gesto importante. Dedicare un tempo all’accoglimento di quelle fatiche, altrimenti destinate a restare private, è un’offerta preziosa, che va oltre il sollievo momentaneo dello sfogo e che apre, poi, a strade più evolute di supporto. Alcune insegnanti hanno ‘chiamato a casa’, forse inizialmente azzardando un’intrusione, ma avvertendo con delicata professionalità che oggi questo è l’unico modo per creare un aggancio.

Si apre un contatto, si prova a dargli costanza, si va oltre l’episodio, per raggiungere i bambini con una proposta, perché alcune cose che succedono a casa possano assumere la forma riconoscibile di ciò che accade(va) a scuola. Allora collegarsi significa incontrarsi per organizzare piccole routine, per condividere la lettura di un albo conosciuto a scuola, per osservare con occhi nuovi alcuni angoli di casa, per ritrovare parole, suoni, gesti che, pure a distanza e senza il contatto fisico, riconosciamo come nostri.

Attraverso un video, o un collegamento in diretta, si riprendono ad esempio le azioni che abitualmente a scuola accompagnano l’apparecchiatura, cosicché possano essere riviste e attualizzate dentro casa, non certo per riproporre schemi, ma con l’idea che quell’esperienza possa essere ricordata, goduta ancora.
C’è chi non si accontenta di mostrare un libro, o di mandarne un file audio in cui questo viene letto, ma lo mette in formato power point, per permettere alla bambina di decidere “quando girare le pagine”, lasciando nelle sue mani il ritmo del racconto, provando a restituirle, anche a distanza, una parte autoriale, un pezzo che spetta a lei, una quota di agentività da costruire insieme.
C’è chi sceglie di partire da esperienze note di scuola, anticipando ai genitori di preparare oggetti o materiali, con cui poi stare, con la maestra davanti, in un’interazione a distanza. E ancora una volta, sappiamo che non è l’oggetto in sé che ci avvicina, ma l’intenzione di usarlo come pretesto per ravvivare ciò che abbiamo lasciato in sospeso a scuola, per dare continuità a ciò che avevamo iniziato, per ridestare modi di stare insieme che faticano a trovare spazio tra le mura di casa.

Abbiamo riflettuto sull’opportunità di dare a questi ‘incontri’ una definizione temporale routinaria: darsi un’ora, un giorno… abbiamo provato ad alimentare un’attesa, a dare forma anche al tempo prima e a quello dopo, in cui la maestra non c’è ancora e non c’è più. Considerare la mezz’ora che passiamo insieme come un contributo per dare un senso diverso all’intera giornata vuol dire impegnarsi a essere un supporto per il bambino, ma anche per gli adulti che stanno con lui.

 

È importante, affinché questo accada davvero, che questi ‘incontri’ non siano dettati dal caso, che l’insegnante abbia in mente cosa può accadere, che abbia dedicato un tempo alla preparazione e che questa progettazione sia condivisa con i genitori, di modo che tutti possano arrivare ‘pronti’. Così si può tollerare qualche insuccesso e invitare i genitori a non arrendersi, perché sappiamo che dobbiamo imparare; in questo momento, così come accadeva a scuola, dobbiamo darci il tempo di riprovare, dobbiamo avere fiducia che quello che abbiamo prefigurato possa accadere, che le competenze che abbiamo intravisto e accordato ai bambini possano trovare luogo di espressione anche a casa.



E così prendono forma momenti gratificanti, risposte inattese, sguardi che vanno al di là dello schermo, costruendo insieme – bambini, insegnanti, genitori – un tempo in cui si prova a “portare un pezzetto di scuola a casa”.

 


F.P.S.M.

La Federazione Provinciale Scuole Materne di Trento è un’istituzione che promuove cura, servizio e innovazione. I differenti e articolati progetti promossi vogliono favorire e sostenere una scuola che sia contesto di crescita, di esperienze di qualità, di relazioni significative.

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