VIGO LOMASO: IL LIBRO DELLE PAROLE NUOVE



Lorenzo Santorum, coordinatore del Circolo delle Giudicarie Esteriori
con le insegnanti della scuola equiparata dell'infanzia di Vigo Lomaso
 

Circa un anno fa un bambino è venuto a chiederci il significato della parola “municipio” raccontandoci anche la sua interpretazione: “È il posto dove il mio papà va a portare le carte”. Per rispondere alla sua curiosità abbiamo sfogliato le pagine del vocabolario cercando l’origine e il significato di questa parola: “munus-capere” (assumere i doveri, assumere le cariche).
Chi l’avrebbe mai detto che “Municipio” può essere liberamente tradotto con “il luogo dove ci sono persone che amministrano con responsabilità il Bene pubblico”? Ci siamo guardati un po’ stupiti perché non ci aspettavamo che una parola di uso comune nascondesse un significato così ricco.

Allora ci siamo detti: “Ci sono tante altre parole di cui non conosciamo il significato! Non potremmo scrivere un vocabolario di scuola illustrandolo con i nostri disegniI bambini sono stati subito entusiasti di questa proposta e hanno incominciato quest’avventura interrogandosi su “che cos’è un vocabolario”:

  • “Il vocabolario ha le pagine leggere come le ali delle farfalle e anche degli uccellini”
  • “Ci pensiamo, ci viene in mente il risultato della parola e la diciamo agli amici”
  • “È un libro dove scriviamo tutte le cose di una parola che non sapevamo e dopo la sappiamo”

Questo è l’inizio di una storia che vale la pena di raccontare.

Tutto è cominciato circa 10 anni fa quando ci siamo lasciate contaminare da scelte teorico-metodologiche che hanno cambiato, migliorandolo, il nostro modo di lavorare. Possiamo dire che c’è stato un “prima” e un “dopo”, una sorta di confine culturale che abbiamo attraversato non senza timori, oltre il quale ci aspettavano inedite esperienze formative, una nuova metodologia, tecniche espressive innovative, strumenti di comunicazione e di relazione fino ad allora non presi in considerazione.
Il “prima” era una scuola dell’infanzia trasmissiva di contenuti, che approcciava i bambini alle conoscenze in maniera individuale, con la cura dei prodotti piuttosto che dell’accompagnamento dei processi di apprendimento.
Il “dopo” è una scuola dell’infanzia attenta agli apprendimenti sociali attraverso il confronto, lo scambio, l’interazione fra i bambini. Una scuola che dà ai bambini possibilità di espressione e costruzione insieme agli altri delle proprie conoscenze.

Ma cosa può accadere oggi, a distanza di un certo tempo da questa “rivoluzione culturale”, se alcuni bambini in piccolo gruppo, seduti attorno a un tavolo con la loro maestra, si interrogano sul significato delle parole di uso comune che incontrano quotidianamente in famiglia e a scuola?
Potrebbe capitare che si lascino catturare dalla curiosità, dal desiderio di saperne di più, di impadronirsi di significati complessi, diventando “ricercatori” nel mondo delle parole. Così “carattere”, “coscienza”, “ghette”, “panciotto”, “contraddirlo”, “autostop” e molte altre parole sono diventate improvvisamente importanti. I bambini hanno cominciato a “fare ipotesi”, a collegare i significati di queste parole con le loro esperienze, ad argomentare, a raccontare le loro personali teorie sul mondo e sulle cose. Parole semplici, scontate, a volte sconosciute, colte da una conversazione o da una trasmissione televisiva, che sono entrate a far parte della cultura di questi bambini e che non se ne andranno via mai più.
E se la maestra proponesse loro di scriverle “come sono capaci” cosa potrebbe succedere? Accade che ciascun bambino scrive sul foglio quella parola e magari la illustra con un disegno originale e non stereotipato, che questi fogli diventano le pagine di un libro, il “Libro delle parole nuove”, il nostro Vocabolario.

Ecco alcune definizioni elaborate dai nostri bambini:

Autostop:

  • Autostop vuol dire “fermati auto”.
  • Secondo me l’autostop lo fanno i Carabinieri alla domenica perché fermano sempre l’auto della mia mamma per controllare la sua patente e il libretto e noi dobbiamo aspettare che loro scrivono qualcosa e poi però noi arriviamo sempre alla messa, a Bivedo, in ritardo.

Contraddirlo

  • Quando un gatto dice “miao” su un pavimento di Iperceramica è meglio non contraddirlo.
  • Significa che non si deve dire niente a quel gatto perché sennò si arrabbia.
  • Forse non contraddirlo vuol dire che dice “miao”, perché vuole sdraiarsi come la sua padrona sul pavimento di casa sua.


Carattere mite

  • Il carattere lo hai dentro il corpo.
  • Il carattere cambia, non è sempre uguale, perché si sposta nelle varie parti del corpo.
  • Sì, quando il carattere ha visto tutto del corpo di un bambino si sposta in un altro corpo. È come i microbi che vanno da un bambino all’altro, dei microbi buoni, però, perché mite è una cosa bella.
  • Ieri quando ero nel letto mi sono ricordata di chiedere cosa vuol dire la parola “mite” alla mia mamma. Lei non ha cercato sul vocabolario perché lo sapeva già, vuol dire calmo, rilassato.

Coscienza

  • Questa parola l’ha detta la fatina al grillo, forse vuol dire che il grillo aiuta sempre Pinocchio. È la sua “vocetta”.
  • Sì, gli dice se quella cosa è sbagliata o giusta, se fai bene a fare quella cosa.
  • La vocetta ti dice che se c’è un pezzo spaccato e ci vai sopra ti puoi fare tanto male se cadi.
     

Queste definizioni ci hanno piacevolmente sorpreso perché i bambini si sono dimostrati competenti non solo nel cercare i significati di cose e oggetti, ma anche nell’attribuire un significato profondo e molto interessante a rappresentazioni mentali sulle quali non immaginavamo che avessero riflettuto.
Il carattere, la coscienza, la contraddizione, normalmente sono concetti che crediamo, sbagliando, solo gli adulti possano comprendere. Invece questi bambini ci hanno dimostrato che già a tre, quattro, cinque anni si sono fatti un’idea piuttosto precisa del significato di queste parole.
Questo significa che “l’ascolto”, come scelta pedagogica progettata, crea le condizioni che permettono ai bambini di svelarsi e di raccontare la loro personale teoria del mondo.
Nel nostro “Vocabolario” ci sono anche le definizioni corrette e convenzionali, ma è ciò che i bambini hanno negoziato tra di loro, con un tono caldo e creativo, a volte inaspettato, che lo rende uno strumento autentico e originale.

A un attento lettore non sfuggirà che la trama di questo vocabolario è il risultato dei molti percorsi formativi a cui abbiamo partecipato: “La metodologia del Piccolo Gruppo”, “La teoria socio-costruttivista nella scuola dell’infanzia”, “La Lingua scritta nella scuola dell’infanzia”, “L’Approfondimento Creativo-pittorico”, “Gli Albi illustrati: una narrazione non scontata”, “La documentazione come evento sociale”.
C’è un intenso legame tra una scuola dell’infanzia che si propone di sviluppare in maniera sociale gli apprendimenti dei bambini e i percorsi formativi a supporto della progettualità delle insegnanti.
I bambini percepiscono tutto ciò e questa è la condizione che permette loro di scrivere un vocabolario come fosse un’avventura, ma anche approcciando la cultura come dei “ricercatori”, consapevoli di lasciare una traccia del loro pensiero e delle loro riflessioni a tutti coloro che domani frequenteranno la scuola dell’infanzia di Vigo Lomaso.

 


F.P.S.M.

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