DAMBEL, UNA PICCOLA SCUOLA DOVE IL MONDO SI INCONTRA: COPROGETTARE LA FESTA DI NATALE



di Ilaria Mancini, coordinatrice del Circolo di Cles 1

Con il contributo dei bambini, del personale e dei genitori della scuola di Dambel – che hanno collaborato con coinvolgimento e partecipazione
all’esperienza – e il sostegno dell’Ente gestore, in particolare dalla Presidente, Lucia Zambiasi

Abbiamo scelto di introdurre questo contributo con le parole di Alessandro Baricco e Chandra Livia Candiani sentendole come chiavi per aprire una riflessione interculturale attorno a una festa connotata – come il Natale – affinché possa divenire occasione per un’operazione comunitaria contrassegnata dall’incontro reciproco tra visioni del mondo.
Questo è stato l’orizzonte di senso verso il quale ci si è mossi presso la scuola equiparata dell’infanzia di Dambel, una piccola realtà dove provenienze culturali molteplici si incontrano: ecuadoregna, moldava, rumena, marocchina, italiana.

Le insegnanti hanno progettato una pluralità di esperienze orientate dal processo di apprendimento su cui la scuola lavora, ossia il co-progettare, e che hanno visto coinvolte le famiglie oltre che i bambini.
Il lavoro ha tratto origine dalla lettura di una storia, “Buon Natale Samira”, come spunto per discutere con i bambini attorno alle diversità culturali: la protagonista della storia, infatti, è Samira una bambina profuga proveniente da un paese lontano in cui il Natale non esiste.
I bambini hanno discusso tra loro e costruito insieme riflessioni attorno alla questione, come suggerisce l’estratto che segue:

L’intreccio dei discorsi dei bambini rivela quanto la dimensione interculturale riguardi tutti e ciascuno: si veda, per esempio, la riflessione portata da Amina “quando sono andata in Marocco la gente parlava una lingua che io non capivo niente…solo la mamma capiva” da cui traspare quanto ogni persona possa trovarsi in un posizionamento identitario, o esattamente nel suo rovescio, a seconda del contesto socio-culturale in cui si trova. Ma ancor di più, riprendendo le parole di Mantovani (2008): “in un mondo sempre più globale i processi interculturali sono dappertutto. L’intercultura non riguarda ‘gli immigrati’, ‘gli altri’, ma ‘noi stessi’, il modo in cui viviamo e guardiamo il mondo.”
Rendere emergenti i differenti sguardi delle famiglie, come universi culturali specifici, è stato un significato perseguito dalle insegnanti attraverso la proposta loro rivolta rispetto alle “parole del Natale”:

E così, il calendario dell’attesa, co-progettato dai bambini, si è sostanziato delle diverse interpretazioni famigliari. Differenti sono stati infatti gli “oggetti” attorno a cui le esperienze di co-progettazione sono state pensate e messe in campo in un percorso di avvicinamento al Natale:

Bambini e insegnanti hanno co-progettato alberi di Natale collegati alle diverse provenienze, come postazioni culturali disseminate nel paese e luogo di narrazioni dei significati da parte dei genitori in una lanternata comunitaria: adulti e bambini hanno percorso le vie del paese, sostando in corrispondenza dei diversi alberi per dare corpo e voce alle narrazioni delle interpretazioni e delle pratiche paese per paese da parte dei genitori.
Adulti e bambini hanno poi fatto ritorno a scuola per un momento conviviale in cui anche le diverse culture culinarie sono state rappresentate, in un’armonia raffinata di profumi tra cornulete, placinta, zelten, torta di banane, msemen con tè arabo alla menta, nati dalla collaborazione dei genitori con la cuoca della scuola.

Potremmo dire che si sia trattato di un’operazione narrativa collettiva, in senso bruneriano (1997): nel Natale di Dambel hanno vissuto il Marocco, l’Ecuador, la Romania, la Moldavia, l’Italia…dentro e fuori la scuola un’esperienza partecipativa in cui ciascuno può trovare un “proprio posto insieme”, in una logica di comunità interculturale che elegge l’incontro e le diversità ad arricchimento, valore, speranza.


“Comunità” suona bene per i significati che tale termine evoca […].
Innanzitutto, la comunità è un luogo ‘caldo’, un posto intimo e confortevole.
È come un tetto sotto cui ci ripariamo quando si scatena un temporale,
un fuoco dinanzi al quale ci scaldiamo nelle giornate fredde […].
All’interno della comunità […] possiamo rilassarci: lì siamo al sicuro […].
All’interno di una comunità la comprensione reciproca è garantita,
possiamo fidarci di ciò che sentiamo […].
Nessuno dei suoi membri è un estraneo.”

(Zygmunt Bauman, 2001)
 

Riferimenti bibliografici

  1. Bauman, Z. (2001). Voglia di comunità, Roma-Bari: Laterza.
  2. Bruner, J.S. (1997). La cultura dell'educazione, Milano: Feltrinelli (Ed. orig. 1996).
  3. Baricco, A. (2013). Una certa idea di mondo, Milano: Feltrinelli.
  4. Bolliger e Manna (2002). Buon Natale Samira, Trieste: Bohem Press Italia.
  5. Candiani, C. L. (2018). Il silenzio è cosa viva, Torino: Giulio Einaudi Editore.
  6. Mantovani, G. (2008). Intercultura e mediazione. Teorie ed esperienze, Roma: Carocci Editore.


     

F.P.S.M.

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