LA SCUOLA DAVANTI ALLA GUERRA, LA SCUOLA TESTIMONE E COSTRUTTRICE DI PACE


di Luisa Fontanari
 

Lettera a un bambino in guerra

lo so che la guerra
non è un videogioco,
si muore per sempre
non solo per poco.
Lo so che fuggire
ti dà tanto dolore,
la casa, il tuo cane
sono strappi del cuore.
Lo so che il mio aiuto
è solo un granello,
ma vieni, ti aspetto.
Ho il letto a castello.
(da Il cammino dei diritti, Fatatrac)


Di nuovo a scuola, scrivevamo due anni fa dopo il terribile lockdown che, come un uragano, ha colpito improvvisamente le vite delle persone in ogni paese del mondo.
Ed è stato un momento ricco di attese e di promesse, ritrovarsi di nuovo insieme a scuola con i bambini dopo tre mesi e mezzo di isolamento, di scuole chiuse, di aule vuote e silenziose, di paura e di incognite. Un rientro inusuale, con tante limitazioni, distanziamento fisico e mascherine, tutta “roba” nuova per noi. Abbiamo imparato a farci i conti e a relazionarci senza vederci bene in faccia, volti a metà.


Siamo andati avanti giorno per giorno, inventandoci modi diversi di stare a scuola, dentro bolle chiuse, ma abbiamo trovato strategie, soluzioni inedite, per mantenere vivo tutto il bagaglio di conoscenze e esperienze costruito negli anni, fatto di dialogo, collaborazione, costruzione insieme, comunicazione tra adulti e bambini, per non rinunciare a fare le cose insieme, seppure con tutte le attenzioni necessarie. Abbiamo preferito parlare di distanziamento fisico e non sociale, perché per noi il costruire conoscenza insieme rappresenta il modo di fare scuola e essere scuola, e stiamo continuando a farlo, seppure dentro una serie di limiti.


Dopo due anni stavamo cominciando a credere che la situazione stesse gradualmente migliorando grazie al lavoro infaticabile della scienza nel trovare vaccini e cure sempre più efficaci.
È durato poco il sollievo, perché al nostro vicino orizzonte è apparso l’orrore della guerra, un conflitto che mai avremmo pensato qui in Europa, culla della civiltà occidentale e della democrazia. Come molti hanno scritto in questi giorni sui giornali, vedere città come le nostre, che vengono bombardate e invase dai carrarmati, con file di persone in fuga in cerca di un luogo sicuro, con immagini di bambini che lasciavano le loro case, le loro sicurezze, i loro affetti, ci ha improvvisamente fatto prendere coscienza che anche da noi, dopo più di 70 anni, la guerra è ancora possibile, e che tutte le guerre sono uguali nella loro crudezza, nel loro violare continuamente i diritti umani e nel togliere futuro ai bambini.

Noi ci occupiamo di scuola, siamo scuole perché ci sono i bambini che le abitano ogni giorno. Siamo educatori perché ci sono i bambini, perché siamo al loro servizio, per aiutarli a crescere, per stare loro al fianco, nell’impegno quotidiano di essergli compagni di viaggio, per aiutarli a muoversi in questo mondo complesso, contraddittorio, di difficile comprensione, per offrirgli dei riferimenti, una sorta di bussola che possa orientare il loro cammino.Oggi siamo “di nuovo a scuola”dopo quattro giorni che per noi erano di vacanza, poi sono diventati altro.

Gli insegnanti si sono certamente dovute preparare, stamattina, in modo diverso a questo rientro, all’accogliere i bambini con l’incognita che sempre accompagna questi momenti: cosa diranno i bambini? Cosa avranno visto e sentito in questi giorni? Come i loro genitori avranno affrontato la situazione e come si saranno sentiti in questi giorni da soli, senza la scuola? Sì, penso anche ai genitori, allo spiazzamento, alla preoccupazione, a cosa dire o non dire, al desiderio di protezione verso i loro figli dalle crudeltà e insensatezze del mondo. Come aiutare le famiglie?
Siamo scuole e ci occupiamo di bambini e delle famiglie in cui i bambini vivono.

La pace non è un concetto astratto, non è uno slogan, non è un generico “volersi bene”. La pace si costruisce passo dopo passo con azioni concrete, non importa se grandi gesti o piccole cose: guardare all’altro con benevolenza, rivolgergli un sorriso, parlare con gentilezza sono azioni semplici, alla portata di tutti che cambiano il modo di stare insieme e che trasmettono serenità anziché ostilità, empatia anziché giudizio, accoglienza anziché distacco.
I bambini ci guardano e come adulti abbiamo la grande responsabilità di indicare loro la strada da seguire, la via maestra nei rapporti umani, per un alfabeto relazionale sempre più necessario. Cominciamo da qui, cominciamo da noi, sempre, senza scuse, perché il vento del cambiamento passa dalle nostre coscienze e la sua forza dipende da come ciascuno di noi si pone verso l’altro, “con l’altro davanti” come recita il titolo di un contributo bellissimo di un'intervista fatta da Andrea Dossi Doria a Clotilde Pontecorvo (Marco Rossi-Doria. “Con l'altro davanti. Conversazione con Clotilde Pontecorvo”, libreriauniversitaria.it, 2014)

 


F.P.S.M.

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