CON TITU' IN VIAGGIO NEL PAESE DEI BAMBINI



a cura di Luisa Fontanari
 

 Il titolo originale francese del libro, Au pays de Titu, rende bene il senso della narrazione, che ci parla di un bambino, di quello che fa, vede e pensa, messo in contrapposizione con il mondo degli adulti, che fanno, vedono e pensano cose diverse per lui e di lui. Un Paese diverso quello di Titù, la cui storia in realtà richiama quella dell’infanzia in senso più ampio e di quanto i bambini non siano sempre compresi dai grandi.
Un Paese, quello dei bambini, talvolta sconosciuto a noi adulti, perché lo abbiamo lasciato molto tempo fa e di cui non sempre riusciamo a ricordare i tanti paesaggi, i colori, le luci e le ombre che abbiamo attraversato.

Titù ci parla di sé, prova a riportarci indietro, a ritrovare quel luogo. Il suo è un accorato appello ai Grandi. Cerca di raccontare come si sente, esprimendo la frustrazione di non essere compreso da loro, che vogliono sempre qualcosa da lui. Grandi che “danno sempre ordini”, che “ripetono sempre le stesse cose”, che non capiscono. Le loro parole sono riportate con un carattere marcato e scritte grandi, combinate in frasi brevi e imperative, in contrasto con i profondi e non scontati pensieri di Titù, scritti con un corpo più piccolo e un tratto leggero.

Questo libro parla a noi adulti, ci mette di fronte alla nostra responsabilità di educatori, rispecchiando i nostri comportamenti e le nostre parole verso i bambini e ci fa riflettere su cosa pensiamo di loro e su come ci rivolgiamo a loro, spesso senza accorgercene. Così rischiano di prevalere, agli occhi di un bambino, solo gli ordini, le richieste, l’insoddisfazione e la delusione, mentre tutta la ricchezza del suo mondo interno e del perché dei suoi silenzi – che non sono dei vuoti, ma racchiudono un immaginario ricco e generativo – non vengono colti e accolti. Alla fine del libro Titù, che vede i Grandi come fatti di ruggine, senza orecchie e occhi e mani e cuore, arriva a dire che “I Grandi sono troppo GRANDI per abitare nel mio paese”. Un’affermazione drammatica, portata all’estremo, che vede due mondi distanti e contrapposti.

Il racconto di Titù è un bel dono da offrire e ricevere, ci mette in guardia, ci costringe a guardare con sempre maggiore attenzione i bambini, a usare le orecchie e il cuore per ascoltarli e cercare di comprenderli, anche là dove i loro silenzi sono più assordanti.

Il libro, per la cura dei testi e delle immagini, per il formato inusuale, per le illustrazioni che occupano pagine intere, per la tipologia delle scritte, per la capacità di giocare con le parole, inventando nuove forme e accostamenti linguistici, che ricorda Gianni Rodari, per la profondità in cui presenta ciò di cui i bambini sono capaci e la loro grandezza, ricorda molto un altro albo illustrato di valore Cos’è un bambino, di Beatrice Alemagna (entrambi usciti nel 2008), pietre miliari nell’ambito degli Albi illustrati di qualità.




 


F.P.S.M.

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