OLTRE I CONFINI FISICI: LE TECNOLOGIE COME FRONTIERA DELLA PROGETTAZIONE DIDATTICA?



di Ilaria Mancini


Ho scelto di introdurre questo contributo con le citazioni di Marshall McLuhan e Franco Lorenzoni sentendole come chiavi per aprire interrogativi attorno al tema “tecnologie”, nel suo essere – evidentemente – questione non di oggi, ma che oggi inevitabilmente si impone alla nostra riflessione educativa.
Nelle ultime settimane, infatti, la didattica si sta muovendo verso l’adozione di strumenti che, rompendo le distanze fisiche, possano supportare la costruzione di connessioni tra pensieri e la generazione di pratiche per certi aspetti nuove. Ci troviamo così a doverci comprendere: che cosa intendiamo quando parliamo di tecnologie? Qual è il rapporto tra la promozione di specifici processi di apprendimentoe le tecnologie? In che termini e a quali patti la dimensione tecnologica può divenire parte dello scenario educativo oggi, e forse anche domani, quando torneremo ad abitare fisicamente le scuole?

Le tecnologie possono essere considerate degli amplificatori culturali ossia mezzi specifici di ogni cultura (e prodotto dell’evoluzione socioculturale) che mediano la costruzione della conoscenza e le possibilità umane di comprendere e di agire (Bruner, 1997). In questo senso, la memoria di un personal computer può “amplificare” la nostra capacità di ricordare, rendendosi archivio di documenti ossia “tenendoli a mente” per noi (come del resto può fare anche la scrittura, tecnologia di più antica storia, nel suo farsi traccia, per esempio, in una lista della spesa, dispensandoci così dal rammentare e liberando energie cognitive).
Le tecnologie sono degli artefatti complessi ossia degli strumenti “fatti” con “arte” dall’uomo (e non dati in natura) e aventi funzione di mediazione sociale: in questo tempo delle nostre vite, in particolar modo, rendono accessibile il contatto con l’altro a distanza, ovviamente vincolando l’esperienza stessa del contatto in un determinato modo. Il rapporto con l’altro attraverso una videochiamata, infatti, è specificamente diverso dalla relazione in un incontro in presenza.

Nelle esperienze delle scuole, tecnologie variamente declinate in termini comunicativi sincroni o asincroni (email, messaggistica WhatsApp o Telegram, videochiamate, piattaforme per videoconferenze, blog, …) stanno divenendo mezzi a supporto della relazione sociale tra la scuola e le famiglie.
Si tratta di una relazione chiaramente connotata, finalizzata cioè alla condivisione di una proposta educativa che viene progettata dal gruppo professionale degli insegnanti e “consegnata” alla sua costruzione in un luogo fisico altro – le case delle famiglie – chiamando a parteciparne bambini e adulti insieme ed implicando spesso l’uso di mediazioni tecnologiche multiple, tradizionali e non (tablet, fotocamera, matite, fogli, scritture, disegni, libri, …).
Questa situazione materializza, per così dire, come nella nostra cultura un medium non possa “mai funzionare in totale isolamento perché deve instaurare relazioni di rispetto e concorrenza con altri media” (Bolter e Grusin, 1999, p. 93); ciò rende chiaro quanto pensare ad una proposta tecnologicamente veicolata significhi pensare ad una rete in cui più strumenti concorrono all’esperienza.

Risulta evidente quanto “la sfida che abbiamo di fronte” (per riprendere le parole di Lorenzoni ad inizio testo) si ponga inesorabilmente sul piano della progettazione educativo-didattica. Focus centrale della riflessione diventa allora: come progettiamo queste esperienze, consapevoli che ambiamo al loro essere nutrimento per quegli apprendimenti su cui, come scuole associate alla Federazione, stavamo già investendo? Quali proposte per continuare ad imparare a costruire narrazioni insieme? A fare insieme ricerca osservativa? A progettare insieme? A decidere insieme? A partecipare? A costruire meta-riflessioni oppure a collaborare? Ma soprattutto: come veicolarle a distanza e coinvolgendo direttamente anche le famiglie?
Ciò rende emergente l’urgenza di un affinamento della scrittura progettuale, imponendo allora una precisa prefigurazione (rispetto alle consegne, ai tempi per la loro possibile messa in pratica, ai materiali utilizzabili, ai raggruppamenti) su cui fondare una proposta di attività per bambini e adulti, consapevoli delle differenze di contesto tra scuola e casa, ma fedeli ad una filosofia educativa già in costruzione e fondativa del patto educativo con le famiglie che “abitano” le nostre scuole.
Famiglie che, raggiunte attraverso strumenti di comunicazione a distanza, si fanno parte di una comunità virtuale che “non è una comunità che non esiste o che non ha corpo. Al contrario, è una comunità che prende corpo con l’effettiva interazione”, come ci ricorda Levy (1995).

Risulta cruciale dunque la scelta del medium (quale ci sembra il canale potenzialmente più partecipativo, in grado cioè di raggiungere le persone? Che cosa “vive meglio” nell’immediatezza di una comunicazione sincrona, come quella propria di una videoconferenza? Quali dimensioni invece beneficiano di vie tecnologiche asincrone, che rendono cioè possibile l’interazione in differita, come nel caso di una mailing list o di un blog, in cui resta una traccia a cui tornare per continuare a riflettere su?). Non meno rilevante la scelta dei formati delle consegne su un piano di efficacia comunicativa (muovendosi su un livello esclusivamente testuale, oppure rendendosi più composite e divenendo multimediali – come per esempio nel caso di video che accompagnano o di traduzioni audio). E ancora la prefigurazione dei tempi, intesi non solo come interni alla sequenza di sviluppo di una proposta ma anche relativi al ritmo di invio delle sollecitazioni alle famiglie, ragionato in base alla praticabilità immaginabile nella particolarità dell’attuale situazione.

Tante sono le questioni riflessive, in parte già assunte come rilevanti dalla Federazione (si pensi, ad esempio, al progetto di ricerca “Tecnologie e processi di integrazione sociale”, 2014[1], Mancini et al., 2014), ma che continuano a porsi come essenziali, rispetto all’introduzione delle tecnologie nella didattica delle scuole dell’infanzia (Zucchermaglio, 2000; Mancini, Ligorio, 2007; Mancini et al, 2014). Esse si muovono su piani diversi (gli investimenti in termini di politiche educative, la formazione degli insegnanti, la costruzione di una cultura dell’educazione con le famiglie), ma culturalmente ineludibili, non certo nell’ottica di una scuola “da remoto” ma di una scuola più aperta e ricca di strumenti culturali plurali, chepossano anche in futuro costituire canali partecipativi per le famiglie. In altri termini, in questo preciso momento storico-culturale la funzione amplificatrice delle tecnologie è, più che mai, quella di aiutarci a continuare ad essere “scuola”, tenendo conto di importanti differenze in termini di contesto (i bambini e le famiglie sono nelle loro case), ma non perdendo di vista – nemmeno per un attimo – che il nostro “compito” è quello di promuovere e sostenere la co-costruzione di apprendimenti.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

 


[1] Progetto di innovazione ideato, condotto e supervisionato dalla Federazione Provinciale Scuole Materne - Trento, finanziato dalla Provincia Autonoma di Trento ed appoggiato finanziariamente dalla Federazione Trentina della Cooperazione e da Cassa Centrale Banca.



Vai all'articolo di Ilaria Mancini "Scuola dell’infanzia, cornici pedagogiche, i-Theatre: le nuove tecnologie vanno in scena. Una sperimentazione pilota per l’introduzione delle nuove tecnologie nella scuola dell’infanzia". AltriSpazi: abitare l'educazione, n.7 - marzo 2014













 

F.P.S.M.

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