A COLLOQUIO MARINA STRÖMQVIST, MATS ANDERSSON E ANNELI BERGNELL



Nelle scorse settimane ha avuto una forte eco in Italia la notizia relativa alla frenata che il Governo svedese, attraverso un intervento della ministra dell’Istruzione Carlotta Edholm, avrebbe imposto alla traiettoria di digitalizzazione dei processi educativi (link alla notizia)

La decisione di rendere meno tecnologica la scuola in Svezia è stata motivata dalla convinzione che gli strumenti digitali compromettano, piuttosto che migliorare, le possibilità di apprendimento dei bambini.

La partecipazione della Federazione e di alcune scuole associate a un Progetto Erasmus+ che ha proprio nella transizione digitale il suo focus ci ha consentito, negli ultimi due anni, di conoscere direttamente e approfonditamente la realtà educativa del Dipartimento delle scuole dell’infanzia di Borås (municipalità nei pressi di Göteborg) e dell’Università locale. Alcuni rappresentanti di queste istituzioni, direttamente coinvolte nella vicenda, sono stati molto disponibili a farci capire meglio ciò che realmente sta accadendo e a dare una lettura che riteniamo interessante anche per la nostra realtà. Ci hanno rilasciato questa intervista durante la nostra ultima Study visit in Portogallo, nello scorso ottobre.

 

Per prima cosa vi chiedo di poter capire meglio cosa è successo in Svezia: abbiamo letto, su alcuni giornali e su molti siti web, di un divieto che è arrivato dal Ministero dell’Istruzione rispetto all’uso degli strumenti digitali a scuola.

ANNELI: La ministra dell’istruzione ha rilasciato, durante una conferenza stampa, una dichiarazione - che in realtà aveva già fatto prima delle elezioni - dicendosi convinta che il ritorno della scuola a carta, penna e libri stampati avrebbe migliorato la qualità dell’apprendimento degli alunni. Il tenore usato era del tipo “toglieremo tutti gli schermi dalle scuole dell’infanzia… elimineremo tutte le esperienze che contemplano inattività e le trasformeremo in attività di movimento”. Del resto c’è da dire che questa direzione non ha alcun costo per il governo, è senz’altro più economica che immaginare riforme grazie alle quali ci siano più insegnanti o gruppi di meno numerosi di bambini o maggior tempo a disposizione per progettare: questa “soluzione” non costa nulla al governo. Ci si aspettava una comunicazione relativa a una riforma scolastica: è arrivata questa, che ha senza dubbio un impatto forte sul sentire comune.

MATS: Io considero questa dichiarazione fortemente legata alle prossime elezioni e alla necessità di raccogliere voti, in un periodo di minor popolarità nei sondaggi. È una posizione che potrebbe essere letta come il tentativo di aumentare il suo appeal nei confronti delle famiglie. È una spiegazione possibile.

MARINA: È stata una dichiarazione lesiva del lavoro della scuola e delle insegnanti. Si è voluto far credere che a scuola i bambini siano abbandonati di fronte a uno schermo, che le insegnanti non facciano altro che proporre ai bambini schermi di fronte ai quali restare passivi. Credo che questa comunicazione abbia avuto questa eco perché è probabile che questo sia il modo che molti genitori riconoscono come il proprio modo di usare strumenti digitali con i figli. È molto più facile pensare che siano i bambini a dover smettere di usare tecnologie digitali, piuttosto che immaginare modi diversi di usarle noi, e noi con loro.

 

Si tratta di un divieto, di una indicazione, di un consiglio, o di altro?

ANNELI: La ministra ha dato una comunicazione che diminuisce l’importanza della dimensione digitale a scuola, non è un vero e proprio divieto…

MATS: Il Curricolo svedese non è cambiato, e parla ancora di un impegno chiaro della scuola a valorizzare l’uso della tecnologia digitale e lavorarci sul piano didattico. D’altra parte è improbabile che cambi il testo del curricolo nel senso di un aperto divieto. Quello che è successo ha dato una rilevanza del tutto particolare all’idea di “tempo davanti a uno schermo”, connettendolo al concetto di strumento digitale. Ma quello che accade nelle scuole con gli strumenti digitali non ha a che fare con questo. Questa dichiarazione ha mescolato “salsicce con banane”, ha messo insieme questioni che non sono sovrapponibili, si è voluto creare confusione, ma ascoltando quelle frasi ci si convince che il ministro non abbia contezza di quel che succede nelle scuole… Una study visit in tutte le scuole dell’infanzia sarebbe il modo migliore per rendersi conto di come le insegnanti lavorano e per modificare l’idea di quella dichiarazione.

ANNELI: È stata una conferenza stampa davvero squalificante per la scuola e il lavoro delle insegnanti. Le insegnanti che hanno cura del loro lavoro, che sono attente e formate hanno protestato perché sanno cosa significa interrogarsi sugli scopi e sulle modalità di utilizzo del digitale a scuola. È ingiusto e grave dichiarare che l’uso del digitale a scuola serve a rendere i bambini consumatori digitali, o che ha semplicemente lo scopo di tenere occupati i bambini, seduti davanti a uno schermo mentre le insegnanti fanno altro.

MARINA: Il curricolo non dice che dobbiamo usare strumenti digitali, ma dice che dobbiamo usare strumenti digitali in modi che favoriscano gli apprendimenti dei bambini. Compito della scuola è mettere i bambini in grado di comunicare con e senza strumenti digitali. Di fatto il curricolo non indica di usarli “e basta”, indica quale sia lo scopo del loro utilizzo.

 

È una comunicazione che ritenete fondata sul piano delle ricerche?

ANNELI: Anche molti ricercatori hanno protestato perché convinti che il ministro non abbia una reale conoscenza di ciò di cui si parla. Ci sono moltissime ricerche sull’uso della tecnologia digitale a scuola: sono le condizioni di utilizzo che fanno la bontà o meno del digitale, non lo strumento in sé.

MARINA: Il problema è che le ricerche citate dal ministro sono esclusivamente quelle riferite a un uso individuale di uno schermo da parte del bambino: questi lavori mostrano che quando un bambino si trova da solo di fronte un oggetto digitale, impara meno che nelle situazioni in cui può interagire con qualcun altro. Ma non è questo che accade nelle scuole dell’infanzia, anzi, il ruolo dello strumento digitale a scuola è esattamente quello di promuovere la comunicazione tra pari.

MATS: Una delle domande rivolte al ministro da una giornalista durante la conferenza stampa è stata proprio: “Come commenta tutte le ricerche che sostengono la bontà dell’uso del digitale a scuola?”. Ebbene, la risposta è stata: “Non c’è nessuna ricerca in merito”. Lei si è fermata lì, e purtroppo non ci sono state altre domande a questo proposito. Il ministro, e molti altri politici, hanno voluto far passare l’idea che a scuola i bambini non giochino, non leggano, non socializzino, e l’utilizzo degli strumenti digitali a scuola non faccia altro che danneggiarli. Questo è semplicemente falso: il fatto che si usino strumenti digitali a scuola non significa affatto che i bambini non leggano, non giochino, non comunichino o interagiscano con gli altri bambini e gli adulti.

 

Quali effetti avete registrato a seguito di questa dichiarazione e quali temete in futuro nella quotidianità del lavoro di scuola?

MARINA: Un effetto immediato è stato quello di legittimare alcune riserve da parte di alcune insegnanti, che però già c’erano… c’era già chi dichiarava di non approvare l’uso del digitale, o di non aver intenzione di cimentarsi… questa dichiarazione a questo punto diventa un alibi. D’altra parte non dobbiamo dimenticare che il curricolo parla ancora molto chiaro.

MATS: Ci sono insegnanti che hanno dichiarato, anche pubblicamente, il loro apprezzamento per quanto detto dal ministro… ci sono stati i “ve l’avevo detto”, i “sapevo che sarebbe finita così”, “si sapeva che il digitale era dannoso” … ma la grande maggioranza delle insegnanti si è dichiarata apertamente contro il contenuto di quella conferenza stampa.

MARINA: In realtà non siamo davvero preoccupati per quello che realmente succederà. Non credo che si potrà arrivare a un divieto di utilizzo degli strumenti digitali. Il cambiamento del curricolo richiede sempre un grande lavoro e un grande investimento, e in questo momento il digitale è parte della mentalità delle insegnanti, è già utilizzato in una quantità di situazioni… è impensabile eliminarlo.

 

Mats Andersson, nelle occasioni formative a cui abbiamo partecipato, ci ha insegnato a non approcciare questo tema in modo ideologico, a non cercare di risolvere la questione attraverso un’accettazione o un rifiuto esclusivi, a non polarizzare una questione così complessa.

MATS: È questo che confonde le cose. Il cambiamento proposto dal ministro riguarda il tempo davanti allo schermo, ma l’uso del digitale a scuola è un’altra cosa. Stiamo parlando di due cose molto diverse. Non c’è motivo di essere preoccupati perché non c’è motivo di proibire l’uso che attualmente si fa del digitale a scuola. Se il problema è il tempo che i bambini passano davanti allo schermo, allora per quel che riguarda la scuola non esiste il problema: possiamo già rassicurare la ministra che a scuola i bambini non passano tempo da soli davanti a uno schermo. Io non sono preoccupato per questo, sono preoccupato di promuovere nella scuola un giusto cambiamento.

MARINA: Il rischio è che alcuni bambini, che hanno meno possibilità di sperimentare i diversi modi di imparare, di comunicare, di giocare, restino esclusi dalle diverse dimensioni dell’esperienza. La scuola può essere il luogo in cui imparare approcci critici agli strumenti (anche digitali) e superare utilizzi indiscriminati. E per alcuni bambini questo può succedere solo a scuola.

MATS: Oggi, in Svezia come in altre nazioni, ci sono bambini che anche per via della loro condizione sociale, non sono in grado di imparare a leggere, a parlare, a usare il linguaggio per vivere nella società… il rischio è che si consideri che questa impossibilità sia colpa degli schermi digitali. È un inganno politico questo…

 

Come cambierà il vostro modo di partecipare a questo Progetto Erasmus+?

MARINA: Io penso che non cambierà, perché non stiamo lavorando sugli schermi digitali, stiamo lavorando sulla competenza digitale e sulla creatività digitale. Proveremo a condividere con maggior forza quello che stiamo facendo in questo Progetto, quello che stiamo facendo noi e le insegnanti. So che anche il Dipartimento delle scuole dell’infanzia di Borås si impegnerà in questo, anche attraverso le interlocuzioni con le istituzioni.

ANNELI: La partecipazione a questo progetto è anche un modo per dimostrare che investire nella dimensione digitale non è una perdita di tempo, né di denaro.

MATS: Questo gruppo può essere ambasciatore e testimone di cosa può voler dire lavorare per le tecnologie digitali a scuola. Ma è come Roma… non si può costruire in un giorno.

 

 


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